
Nel precedente articolo abbiamo parlato del ruolo di una sana alimentazione per la salute della nostra vista. Vediamo ora alcuni dei più comuni problemi oculari e la loro relazione con la dieta.
Cataratta
La cataratta è un’opacizzazione del cristallino, la lente naturale dei nostri occhi collocata tra l’iride e il corpo vitreo (sostanza gelatinosa che riempie il bulbo oculare). Questa patologia sembra dovuta a modificazioni nella composizione chimica del cristallino, principalmente per ossidazione delle proteine, che comportano una riduzione della sua trasparenza. Le cause di queste alterazioni possono essere molteplici: l’invecchiamento, traumi oculari, malattie oftalmiche o sistemiche (come il diabete), difetti ereditari o congeniti. Il cristallino può diventare opaco anche per ragioni legate allo stile di vita: è consigliabile, infatti, seguire una dieta sana e praticare un’attività fisica regolare.
Secondo l’OMS la cataratta è la prima causa al mondo di cecità e ipovisione (anche se quasi sempre è reversibile).
Secondo gli studi condotti soprattutto negli ultimi anni si può ritenere che la cataratta sia in parte prevenibile riducendo i fattori di rischio come il fumo, l’inattività fisica, la cattiva alimentazione e l’esposizione al sole senza protezioni (occhiali scuri con filtri a norma di legge). Sembra ormai assodato che un’attività fisica regolare a lungo termine diminuisca la probabilità che insorga la cataratta. Parecchi studi osservazionali dimostrano l’effetto benefico di una dieta sana nella prevenzione della cataratta; invece la presenza di diabete mellito, ipertensione, obesità, sindrome metabolica e un’alimentazione aumentano il rischio di cataratta.
La carenza della vitamina C e di vitamina E potrebbe determinare un danno diretto al cristallino, con una maggiore ossidazione delle proteine che lo rende opaco; potrebbe inoltre comparire la cheratocongiuntivite secca (sindrome di Sjögren). Gli effetti di supplementi nutrizionali di vitamina C, vitamina A e vitamina E sulla progressione della cataratta sono stati esaminati in diversi studi ma sembra che non ci siano miglioramenti significativi a seguito di tali trattamenti. Sembra quindi che sia l’alimentazione nel suo complesso e lo stile di vita attivo a svolgere un ruolo preventivo nei confronti di tale patologia.
Glaucoma e pressione intraoculare (IOP)
Il glaucoma è una malattia oculare dovuta generalmente a un aumento della pressione all’interno dell’occhio. Secondo l’OMS ne sono affette 55 milioni di persone nel mondo ed è la seconda causa di cecità irreversibile a livello planetario; in Italia si stima che colpisca circa un milione di persone, ma la metà di esse non ne sarebbero a conoscenza (perché non effettuano visite oculistiche periodiche complete). La disabilità visiva provocata dal glaucoma (compresa l’ipovisione) si può prevenire purché la malattia sia diagnosticata e curata tempestivamente.
L’unico trattamento attualmente disponibile per il glaucoma consiste nell’abbassare la IOP attraverso l’uso di farmaci o, come ultima risorsa, tramite laser e chirurgia. L’attività fisica moderata sembra essere potenzialmente efficace nel ridurre la pressione intraoculare.
Anche l’alimentazione può influenzare la pressione intraoculare: a gennaio 2016 è stato pubblicato uno studio da cui emerge che assumere quotidianamente almeno una porzione di vegetali a foglia verde, ma anche di carote e barbabietole, riduce fino al 30% il rischio di glaucoma ad angolo aperto (la forma più frequente di glaucoma). L’effetto protettivo sarebbe mediato dalla maggiore disponibilità di ossido nitrico (NO), ottenuto dalla trasformazione dei nitrati contenuti in tali verdure, ad opera dei batteri del cavo orale. L’ossido nitrico, vasodilatante, contribuirebbe alla regolazione del flusso ematico a livello del nervo ottico, il cui squilibrio, infatti, è responsabile dell’aumento di pressione intraoculare. Gli Autori dello studio citato sottolineano che queste osservazioni potrebbero avere risvolti positivi a vasto raggio sulla popolazione, ma devono comunque essere confermati da altri studi.
Degenerazione maculare legata all’età (AMD o DMLE)
Si tratta di una malattia oculare che provoca una riduzione della funzionalità della zona centrale della retina (la macula), fino a una perdita della visione centrale.
La AMD è attualmente considerata la prima causa di cecità nei Paesi di maggior benessere e la terza in assoluto. Indicativamente il 5% della cecità mondiale è dovuto all’AMD, una percentuale che sale al 41% nei Paesi benestanti. Si prevede che, nel 2020, circa 196 milioni di persone saranno colpite da degenerazione maculare legata all’età, una cifra che probabilmente è destinata a crescere con l’invecchiamento demografico mondiale (soprattutto nei Paesi di maggior benessere). L’incidenza dell’AMD è rara prima dei 55 anni, ma aumenta soprattutto dopo i 75 anni. La forma più grave della malattia, detta “umida”, è meno frequente e a più rapida evoluzione.
L’eziologia dell’AMD non è stata tuttora dimostrata, ma sono stati evidenziati numerosi fattori di rischio associati alla sua comparsa, quali: età superiore ai 55 anni, sesso maschile, fumo di sigaretta, abuso di alcol, diabete mellito, vita sedentaria, dieta povera di vitamine e acidi grassi omega-3, ipertensione arteriosa, disturbi della coagulazione, esposizione prolungata e ripetuta a sorgenti di luce molto intense. Vi sono anche diversi fattori genetici associati a un incremento del rischio di sviluppare la maculopatia, tra questi soprattutto alcune varianti dei geni CFH e ARMS2. Uno studio pubblicato a novembre del 2012 individua, inoltre, un meccanismo genetico che, provocando l’aumento dell’espressione di una proteina nella retina (IL17RC), promuoverebbe l’infiammazione della macula e l’attacco, da parte di cellule del proprio stesso sistema immunitario, delle sue cellule.
Esistono due forme di degenerazione maculare legata all’età, entrambe associate ad alterazioni del microcircolo capillare, tipiche dell’età avanzata, con prognosi e terapie del tutto diverse: la forma secca (atrofica) e la forma umida (essudativa).
La forma secca o atrofica (85-90% dei casi) è caratterizzata da un assottigliamento progressivo della retina centrale, che risulta scarsamente nutrita dai capillari (poco efficienti) e, di conseguenza, si atrofizza (muoiono le cellule nervose fotosensibili), determinando la formazione di una cicatrice in sede maculare con un aspetto a ‘carta geografica’ (aureolare).
La forma umida o essudativa (10-15% dei casi) è quella più grave e a più rapida evoluzione: è complicata dalla formazione di nuovi capillari con una parete molto fragile. Questi vasi sono permeabili al plasma (la parte liquida del sangue) e possono dare origine, quindi, a distacchi sierosi dell’epitelio pigmentato retinico e, nei casi più avanzati, si possono rompere facilmente, provocando un’emorragia retinica.
A seconda che si tratti di una forma secca o umida la terapia è differente. Le forme secche sono considerate generalmente incurabili, tuttavia è possibile prevenirle (mediante un corretto stile di vita che preveda attività fisica regolare e una dieta sana) o, una volta diagnosticate, rallentarne la progressione. Ad esempio, si può ricorrere a integratori alimentari a base di sostanze antiossidanti, che possono aiutare a combattere la formazione dei radicali liberi e l’ischemia del tessuto retinico maculare (ossia la sua morte dovuta alla riduzione o all’arresto dell’apporto di sangue alla retina).
Sono stati condotti diversi studi clinici per valutare l’effetto di antiossidanti nella prevenzione dell’insorgenza e nel rallentamento della progressione della AMD secca, tra cui i più famosi sono gli studi AREDS1 e AREDS2 (valutavano vitamina C, vitamina E, zinco, rame, luteina, zeaxantina, EPA e DHA) condotti in America su una elevata casistica di pazienti (circa 3.600) affetti da AMD per un periodo di circa 6 anni. Sembra che tale supplementazione possa dare benefici ai soggetti affetti dalla patologia, ritardandone la progressione, ma non possa prevenirne l’insorgenza. In tali studi gli effetti nel ritardare la progressione della AMD sarebbero attribuibili principalmente alle vitamine C ed E e solo in minima parte alla luteina e zeaxantina, mentre sugli acidi grassi essenziali non ci sono state molte evidenze.
Una ricerca italiana recente ha evidenziato invece le proprietà dello zafferano nel rallentare le malattie degenerative della retina. Questa ricerca è partita proprio dall’Università dell’Aquila, dal gruppo della prof.ssa Bisti, che ha individuato come il trattamento giornaliero con dosi controllate di zafferano ha effetti positivi sulle capacità visive di pazienti con degenerazione maculare legata all’età senile.
Lo zafferano è una pianta usata da millenni per molteplici usi, dalla preparazione di piatti prelibati ad applicazioni mediche, soprattutto in Asia. Questa pianta sembra essere utile nel trattamento di disturbi come i dolori mestruali, i problemi della menopausa, la depressione, la diarrea cronica e la nevralgia. La medicina moderna ha scoperto che lo zafferano potrebbe avere proprietà antitumorali, anti-mutagene (prevenzione la mutazione delle cellule proteggendo il DNA), immunomodulanti e antiossidanti.
Questa spezia è una miniera di carotenoidi (crocetina, crocina e safranale), cioè antiossidanti in grado di contrastare i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare e coinvolti nello sviluppo di molte malattie. In particolare la crocetina ha una potente attività antiossidante, riduce l’infiammazione e nello specifico sembra ridurre la degenerazione maculare, riducendo lo stress ossidativo e più recentemente si è visto che potrebbe agire da neuroprotettore sulla retina, agendo a livello del sistema degli endocannabinoidi. Oltre ai carotenoidi, dal punto di vista nutrizionale lo zafferano contiene macronutrienti quali carboidrati e fibra e altri microelementi come potassio, magnesio, ferro e vitamina A.
RETINOPATIE ED OFTALMOPLEGIE
La carenza di vitamina E (tocoferolo) può essere causa, durante lo sviluppo fetale, di una maggiore vulnerabilità delle cellule retiniche, causando retinopatie. In particolare nel nato prematuro si riscontrano bassi livelli di tocoferolo ed un diminuito assorbimento di vitamina E a livello intestinale, che rende così la retina più suscettibile all’attacco degli agenti ossidanti. Oltre alle retinopatie, possono comparire delle oftalmoplegie, paralisi dei muscoli oculari, a causa di danni agli assoni mielinici nel corso dello sviluppo fetale. Durante i primi stadi di comparsa dei danni visivi è possibile intervenire mediante la somministrazione di vitamina E in dosi tali da migliorare la compromissione retinica e muscolare, ma ciò sembra essere utile solo nei casi di neonati prematuri sottopeso.
In età adulta tra le maggiori cause di retinopatia c’è il diabete mellito; gli altri fattori di rischio associati a tale patologia oculare sono ipertensione, anemia a cellule falciformi, radiazioni ed esposizione a raggi UV. La retinopatia diabetica è dovuta al danno della muscolatura liscia e delle cellule endoteliali dei piccoli vasi sanguigni, che porta a carenza di ossigeno livello della retina. Non sono stati osservati effetti rilevanti della supplementazione di vitamina C ed E nella prevenzione della retinopatia diabetica: la più efficace misura preventiva è il controllo della glicemia.
SINDROME DELL’OCCHIO SECCO
Per sindrome dell’occhio secco si intende l’alterazione dell’equilibrio che regola la secrezione e la distribuzione del film lacrimale. Quando si altera la quantità di lacrime oppure peggiora la loro qualità, l’occhio tende a seccarsi. Se viene a ridursi o a mancare la pellicola protettiva (film lacrimale) la superficie oculare esterna (cornea) non risulta più lubrificata.
Tra le cause scatenanti ci possono essere patologie come blefariti, congiuntiviti (anche allergiche) e ridotta secrezione lacrimale senile. Anche i trattamenti specifici per il glaucoma (colliri ipotensivi per abbassare la pressione oculare) sono una possibile causa della sindrome. Inoltre, l’occhio secco può essere provocato da deficit di vitamina A, che porta a una riduzione del numero di cellule caliciformi che producono lo strato mucoso del film lacrimale. Altri fattori che potrebbero contribuire alla secchezza oculare sono la scarsa idratazione, lo smog, il fumo di sigaretta, l’esposizione eccessiva all’aria condizionata o all’aria calda, l’utilizzo prolungato del computer, del tablet o dello smartphone. Alcuni studi avrebbero dimostrato che l’assunzione per via orale di omega-3 ridurrebbe l’incidenza dell’occhio secco, ma sono necessari ulteriori dati per fornire conclusioni certe.
CONCLUSIONI
Salute degli occhi e ruolo dei micronutrienti: sono sempre necessari gli integratori?
Innanzi tutto bisogna dire che è difficile trarre conclusioni sugli effetti degli antiossidanti sulla salute oculare perché nelle metanalisi che abbiamo a disposizione finora, ogni studio considerato usa diverse combinazioni di antiossidanti, a dosaggi diversi, su popolazioni che hanno fattori genetici, ambientali e stili di vita e alimentari differenti.
Molte malattie che colpiscono il sistema visivo, hanno un’origine genetica, quindi una cosiddetta “condizione predisponente”, come nel caso del Retinoblastoma o della Degenerazione Maculare Senile (AMD); in tali casi i fattori ambientali, tra cui lo stile di vita e l’alimentazione, possono fare molto nella prevenzione e possono adiuvare la terapia farmacologica ma non possono scongiurare da soli l’insorgenza di una patologia oculare, né consentirne la guarigione.
In conclusione, dalle varie metanalisi e revisioni di studi clinici riguardanti il ruolo di alcuni micronutrienti nella salute dell’occhio emerge che una dieta sana, varia, ricca di alimenti vegetali e quindi di antiossidanti, associata ad uno stile di vita attivo, dovrebbero essere una regola da seguire per tutti, a partire dalla infanzia per prevenire lo sviluppo di tutte le patologie, anche quelle dell’occhio.
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Dott.ssa Carmen Biscaini
Biologa nutrizionista a L’Aquila, specialista in Biochimica Clinica
Articolo creato il 6 gennaio 2018.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.