La fibromialgia (FM), è una patologia multifattoriale, talvolta anche molto difficile da diagnosticare. Chi ne soffre sa bene che non si tratta solo di dolore muscoloscheletrico cronico e diffuso, ma che spesso si accompagna a tutta una serie di sintomi come astenia, disturbi del sonno, problemi cognitivi (deficit di attenzione, di memoria, ecc.), problemi psichici (ansia, depressione, ecc.) e un ampio spettro di disagi somatici e neurovegetativi che fanno vivere il paziente in una condizione di profondo disagio e disabilità.
Alla base di questa sindrome vi è una disregolazione dei sistemi di controllo del dolore da parte del SNC, con amplificazione del dolore e riduzione della capacità di modularlo. Spesso questa condizione è provocata da aumento di citochine pro-infiammatorie, bassi livelli di serotonina, alti livelli di glutammato (neurotrasmettitore eccitatorio) e bassi livelli di acido gamma ammino butirrico (GABA).
Si stima inoltre che il 40% dei pazienti affetti da FM presenti problemi gastrointestinali, come flatulenza, dolore addominale, alterazioni dell’alvo e tutti i sintomi tipici della Sindrome del Colon Irritabile (IBS). In molti casi è presente intolleranza al lattosio e/o alterata sensibilità al glutine non celiaca (NCGS).
Ecco quindi che emerge l’importanza di una corretta alimentazione per garantire l’apporto di tutti i macro e micronutrienti necessari al funzionamento del sistema nervoso e del muscolo e per mantenere una buona salute gastrointestinale (ricordiamo che il nostro intestino gioca un ruolo di prima linea nel funzionamento di tutto l’organismo).
Cerchiamo quindi di capire come la dieta possa aiutare a gestire e ridurre i sintomi associati alla FM.
Innanzitutto precisiamo che NON esiste una dieta specifica che faccia guarire dalla FM. Tuttavia esiste una serie di accorgimenti nutrizionali da adottare per gestire e ridurre la sintomatologia tipica di questa patologia e migliorare la qualità di vita del paziente fibromialgico.
Innanzitutto bisogna garantire un giusto apporto di minerali, vitamine e antiossidanti. Nei fibromialgici sono state evidenziate carenze di minerali, quali il ferro, selenio, zinco e magnesio (importante per la funzionalità del sistema nervoso e muscolare), di vitamina D (che, tra le varie funzioni, ha quella di ridurre l’infiammazione, garantire il trofismo muscolare e sostenere il funzionamento del sistema immunitario), di vitamina B12 (essenziale per il funzionamento dei mitocondri e per la formazione di serotonina a partire dal triptofano), di Omega 3 (acidi grassi essenziali con azione antinfiammatoria) e di coenzima Q10 (importante antiossidante).
Nei pazienti con FM inoltre si è osservata un frequente carenza di amminoacidi ramificati BCAA (valina, leucina, isoleucina) che forniscono energia ai muscoli e regolano la sintesi proteica e muscolare.
Aspetto fondamentale di una corretta alimentazione, soprattutto nella FM, è quindi il giusto apporto di sostanze antiossidanti e antinfiammatorie (vitamina C, vitamina E, selenio, carotenoidi, licopene e polifenoli, omega 3, vitamina D). È dunque importante consumare un buon apporto di verdure, una giusta dose di frutta (senza esagerare), cereali non raffinati, frutta secca a guscio e semi e pesce azzurro.
È necessario inoltre fare attenzione agli alimenti contenenti eccitotossine (glutammato e aspartame): presenti spesso nei dadi da brodo, cibi in scatola, salumi, piatti pronti (E620, E625), bevande e dolciumi light. Il glutammato e l’aspartato agiscono da neurotrasmettitori eccitatori, ovvero attivano in modo prolungato i nervi nocicettivi (coinvolti nella percezione del dolore) sia nel cervello che nella periferia.
Bisogna anche considerare che alcuni elementi presenti nella nostra alimentazione, oppure un intestino danneggiato, possono ridurre l’assorbimento di tali preziosi nutrienti.
Ad esempio si è visto che un eccesso di fruttosio con la dieta riduce l’assimilazione del triptofano, precursore della serotonina; quindi attenzione all’assunzione di cibi contenenti dosi elevate di fruttosio (spesso è contenuto nei dolci o alimenti dolcificati e indicato negli ingredienti come HCFS, ovvero sciroppo ad alto contenuto di fruttosio).
C’È UNA RELAZIONE TRA MICROBIOTA INTESTINALE E FIBROMIALGIA?
Ormai da anni è riconosciuto il forte legame tra intestino e salute. Ciò che avviene nell’intestino è in grado di influenzare tutto l’organismo, ma allo stesso tempo l’intestino risente di tutto quello che avviene nel resto del corpo. L’intestino non solo assorbe nutrienti, ma produce segnali che influenzano il sistema nervoso (asse intestino-cervello) ed è coinvolto nella produzione delle cellule del sistema immunitario e nel suo funzionamento.
I pazienti affetti da fibromialgia accusano spesso sintomi gastrointestinali probabilmente perché hanno una disbiosi intestinale con aumento della permeabilità intestinale (leaky gut): uno squilibrio della flora batterica, che porta alla prevalenza di specie patogene, con eccessiva produzione di tossine, soprattutto dell’LPS (lipopolisaccaride) e di sostanze infiammatorie per i mitocondri come il D-lattato e l’acido solfidrico; tutto ciò causa un’infiammazione sistemica di basso grado, generando una risposta del sistema immunitario, con liberazione di citochine proinfiammatorie. A livello di barriera intestinale inoltre, si ha un danneggiamento della mucosa, con aumento della sua permeabilità e quindi perdita della funzione di “barriera”.
Le tossine batteriche passano così in circolo ed arrivano al sistema nervoso centrale, attivando la microglia ed aumentando l’attività cerebrale “glutammatergica”, con un maggior rilascio di glutammato, che sensibilizza il cervello al dolore, amplificandolo e generando depressione e ansia. Ciò porta anche alla produzione eccessiva di radicali liberi, che danneggiano anche i mitocondri, contribuendo alla disfunzione cerebrale. Infine, le tossine batteriche, il D-lattato e l’acido solfidrico agiscono anche a livello muscolare, provocando disfunzione mitocondriale che facilita il dolore ed aumenta lo stress ossidativo.
CONSIGLI PER MIGLIORARE LA SALUTE INTESTINALE
Una corretta alimentazione incide sull’intestino, prevenendo la disbiosi e ripristinando l’integrità della barriera intestinale. A questo scopo, soprattutto in presenza di sintomi di alterata funzionalità intestinale, sembra essere utile ridurre alimenti infiammatori come il glutine (preferendo cereali senza glutine come riso, quinoa, grano saraceno, miglio, teff, amaranto), i latticini (per l’effetto infiammatorio delle caseine e la frequente presenza di intolleranza al lattosio, soprattutto se i villi intestinali sono danneggiati) e le solanacee (peperoni, pomodori, patate e melanzane), per il loro contenuto in solanina. Ovviamente è necessario evitare cibi industrializzati, preconfezionati (ricchi di additivi, conservanti ed ingredienti “poco naturali”), dolci, zuccheri semplici e farine raffinate e limitare il consumo di carne rossa, magari preferendo quella proveniente dall’allevatore, che porta il bestiame al pascolo, piuttosto che della grande distribuzione, in cui gli animali vengono nutriti con mangimi, allevati in condizioni poco “etiche” e spesso sottoposti dosi elevate di antibiotici.
È consigliabile garantire un buon apporto di fibre (nutrimento della nostra flora batterica) ma senza esagerare per non irritare l’intestino, consumare spesso alimenti ricchi di molecole antiossidanti e antinfiammatorie (frutta e verdura, magari a km zero, coltivati senza uso di pesticidi, cereali non raffinati, frutta secca oleosa, semi, pesce azzurro) e garantire un buon apporto idrico (almeno 1,5 – 2 litri di acqua al giorno).
È importante anche limitare il caffè e sostanze nervine: l’eccesso di sostanze eccitanti possono aumentare la sensibilità al dolore ed irritare ulteriormente l’intestino.
Se necessario, sotto la guida di uno specialista, può essere utile assumere un integratore di probiotici e prebiotici.
L’OBESITÀ E IL SOVRAPPESO INFLUISCONO SULLA SINTOMATOLOGIA?
Il sovrappeso e l’obesità sono caratterizzate da uno stato infiammatorio cronico dell’organismo, causato sia dalla produzione di citochine infiammatorie da parte del tessuto adiposo (IL6, TNFalfa, PAI-1, resistina), sia dal fatto che spesso le persone con eccesso ponderale hanno anche una condizione di disbiosi intestinale. Di frequente inoltre sono presenti insulino-resistenza, aumento della pressione arteriosa e dislipidemia e ciò contribuisce ad arrecare danno all’organismo e peggiorare la qualità della vita del paziente fibromialgico. Da non dimenticare il fatto che il tessuto adiposo “sequestra” la vitamina D, contribuendo a determinarne uno stato di carenza. Per queste ragioni è importante, anche nella fibromialgia, riuscire a mantenere o raggiungere un buon peso corporeo.