L’emocromatosi è una malattia caratterizzata da un sovraccarico di ferro nell’organismo, con progressivo aumento dello stesso nei tessuti e negli organi.
ASSORBIMENTO E TRASPORTO DEL FERRO
L’assorbimento del ferro alimentare normalmente dipende dallo status di ferro dell’organismo. Grazie all’efficiente meccanismo di riciclo e regolazione, il ferro alimentare viene assorbito solo per compensarne la perdita e, in misura limitata, viene immagazzinato nel fegato. Quando il ferro alimentare viene assorbito negli enterociti dal lume del tratto gastrointestinale, la ferritina tissutale lo lega, impedendogli di entrare direttamente nel flusso sanguigno; ciò è particolarmente importante se le riserve di ferro sono già alte. La ferroportina consente poi il trasporto del ferro dagli enterociti al plasma. Una volta nel plasma, il ferro è legato alla transferrina e viene consegnato a vari organi, in particolare al midollo osseo per la sintesi di eme e al fegato per le riempire le “scorte” di ferro.
Il peptide epatico epcidina è l’ormone chiave coinvolto nella regolazione dell’assorbimento del ferro; l’emocromatosi ereditaria è causata da una bassa produzione o insensibilità a tale peptide. L’epcidina inattiva la ferroportina, proteina di esportazione del ferro. Ciò limita la quantità di ferro alimentare che penetra nel plasma dagli enterociti, riduce il ferro riciclato dai macrofagi e quello immagazzinato dagli epatociti. La produzione di epcidina è regolata dalla biodisponibilità del ferro, così che la sua sintesi aumenta con l’aumento del deposito di ferro nel fegato, limitandone l’ulteriore assorbimento. Allo stesso modo, la carenza di ferro provoca una down-regulation della produzione di epcidina da parte del fegato, in modo che l’assorbimento di ferro possa aumentare. Nell’emocromatosi ereditaria adulta, i geni HFE o TFR2 difettosi determinano una deficienza a valle dell’epcidina, che porta a un’espressione eccessiva di ferroportina sulla superficie cellulare. Il risultante aumento di ferro plasmatico e l’aumento della saturazione della transferrina porta all’eccesso di ferro parenchimale. L’esatto meccanismo con cui il gene mutato HFE influenza la produzione di epcidina, tuttavia, non è ancora del tutto chiaro.
Il ferro in eccesso può portare a complicanze quali artriti, diabete, cirrosi epatica, aritmie cardiache, insufficienza cardiaca ed un aumento della pigmentazione della pelle, che sembra “abbronzata”.
Esistono due tipi di emocromatosi: la forma primaria (ereditaria) e la forma secondaria o acquisita (causata da altre patologie concomitanti).
L’emocromatosi primaria, detta anche ereditaria, è di solito causata dalla presenza di mutazioni nel gene HFE ed è trasmessa con modalità autosomica recessiva (perché si sviluppi la malattia il gene mutato deve essere ereditato sia dalla madre che dal padre).
L’aumento inappropriato dell’assorbimento del ferro intestinale è dovuto in questo caso alla ridotta espressione dell’epcidina. Se non trattata, questa condizione può causare sovraccarico di ferro progressivo e tossicità epatica.
L’emocromatosi secondaria consiste in un sovraccarico di ferro che può essere dovuto a patologie o condizioni cliniche quali:
- Malattie epatiche croniche come l’epatite C, la steatosi epatica alcolica e non alcolica.
- Trasfusioni multiple.
- Abuso di alcol.
- Assunzione eccessiva di integratori di ferro.
Le anomalie biochimiche caratteristiche dell’emocromatosi sono l’aumento della saturazione della transferrina sierica e della ferritina, che possono essere utilizzate in combinazione con test genetici e tecniche emergenti di imaging basate sulla risonanza magnetica per diagnosticare i pazienti con il disturbo.
RUOLO DELLE VARIAZIONI GENETICHE NELL’EMOCROMATOSI PRIMARIA
Come già accennato, l’emocromatosi correlata all’HFE è di gran lunga la causa più comune di sovraccarico di ferro primario (10-15% tra le popolazioni di origine nord europea) ed è associata alla del gene HFE.
Il gene HFE è sito sul braccio corto del cromosoma 6, in prossimità del locus del gene HLA-A. Esso è stato identificato negli Stati Uniti dall’osservazione di due mutazioni – denominate C282Y e H63D – di cui la prima, in particolare, è stata trovata in più del 90% dei pazienti. Le due mutazioni genetiche più frequentemente riscontrate provocano una la sostituzione dell’amminoacido 282 da cisteina a tirosina, l’altra dell’amminoacido 63 da istidina ad aspartato.
Gli eterozigoti C282Y (portatori genetici per emocromatosi) possono avere valori di ferro lievemente elevati, ma non svilupperanno una significativa malattia clinica, a meno che non siano presenti cofattori importanti, quali il consumo elevato di alcool o la steatoepatite. Gli eterozigoti composti (p.Cys282Tyr / His63Asp) contengono entrambe le varianti C282Y e p.His63Asp (H63D) causate da mutazioni in diversi alleli dell’HFE gene. I pazienti con questo genotipo raramente sviluppano una malattia da sovraccarico di ferro. I soggetti omozigoti per la sostituzione di H63D non hanno maggiori probabilità di sviluppare una malattia clinica rispetto alle popolazioni di controllo, sebbene possano ancora presentare un aumento del livello di ferritina sierica. Queste considerazioni riguardanti la penetranza della malattia non sono sempre valide quando sono coinvolti cofattori significativi. Il consumo eccessivo di alcol e l’obesità possono infatti influenzare gli esiti clinici degli eterozigoti composti, portando a una presentazione più grave della malattia in età precoce. Anche i pazienti omozigoti per C282Y hanno più probabilità di subire un danno epatico in presenza di alcuni cofattori, quali il consumo di alcol e la steatosi epatica non alcolica (NAFLD).
C’è da dire che sono state scoperte mutazioni in altri geni che possono causare o contribuire alla malattia:
- Mutazioni nei geni HJV e HAMP (che codificano rispettivamente per emojuvelina ed epcidina) nell’emocromatosi giovanile (tipo 2), che presenta un fenotipo più grave con una manifestazione molto più precoce della malattia.
- Mutazioni in TFR2 (transferrina-recettore 2) (emocromatosi tipo 3) e nel gene Ferroportina 1 (emocromatosi tipo 4), che possono anche portare a ciò che è collettivamente definito come emocromatosi ereditaria non legata all’HFE.
Si ritiene che la mutazione originaria sia sorta come un evento unico più di 5000 anni fa, da un popolo nomade nell’odierna Europa centrale, come meccanismo che consentisse di mantenere sufficienti i livelli di ferro nell’organismo anche quando la carne, unica fonte significativa di ferro alimentare, sarebbe stata consumata in modo intermittente (parliamo del periodo in cui i raccoglitori-cacciatori dell’età della pietra lasciarono il posto a mietitori di cereali, alimenti ricchi di carboidrati ma poveri di ferro).
Inoltre, il tasso di elevata fertilità ha visto le donne avere più bambini, perdendo molto sangue e ferro costringendo nella forma eterozigote una mutazione che era protettiva contro la carenza di ferro con il minimo rischio di sintomi clinici. Questa pressione selettiva combinata all’effetto fondatore di una piccola popolazione iniziale probabilmente determina la frequenza della mutazione in certe regioni oggi.
Stranamente, nei pazienti con emocromatosi ereditaria, non sempre si manifesta la concomitante presenza di entrambi gli indici di ferro elevati (ferritina e saturazione della transferrina) e di segni clinici significativi di malattia. C’è da dire comunque che le presentazioni cliniche avanzate della malattia sono diventate meno comuni a causa dell’aumentata consapevolezza e della diagnosi precoce. D’altra parte, l’obesità e l’alcol sono stati identificati come principali fattori di rischio che possono aggravare il rischio di danno epatico in soggetti con emocromatosi ereditaria (HFE).
La frequenza di una sostituzione omozigote C282Y è stata segnalata pari allo 0,4% nei paesi europei, sebbene la prevalenza varia ampiamente su una distribuzione globale. D’altro canto, l’incidenza della malattia correlata al sovraccarico di ferro nelle persone portatrici della mutazione omozigote è inferiore al 30% per gli uomini e all’1% per le donne. Ciò è dovuto in parte a fattori ambientali, inclusa la perdita ematica fisiologica, nonché all’interazione di altri fattori genetici. Una nuova ricerca sta sfruttando tecniche di sequenziamento di nuova generazione per identificare questi geni modificatori della malattia che potrebbero colmare il divario nella conoscenza della penetranza incompleta della sostituzione C282Y, spiegando perchè non sempre si riscontrano i segni clinici della malattia. Allo stato attuale, un test definitivo per determinare se una persona con la sostituzione omozigote C282Y svilupperà sintomi clinici non è disponibile. Nonostante ciò, i meccanismi per la diagnosi precoce e il trattamento efficace della patologia consentono alle persone con emocromatosi ereditaria di vivere una vita normale, in cui la progressione verso la malattia clinica è altamente prevenibile e l’aspettativa di vita è paragonabile a una popolazione di controllo.
CURA E TRATTAMENTO
La cura dell’emocromatosi ha come scopo la rimozione dell’eccesso di ferro nell’organismo; nei casi più gravi della patologia la pratica di periodici salassi (flebotomia) rimane il cardine della terapia. Vi è anche la possibilità di intraprendere la terapia chelante, tramite l’assunzione di farmaci (quali la desferriossamina) capaci di complessare il ferro e facilitarne l’eliminazione urinaria; la loro efficacia nel promuovere la mobilizzazione di ferro dai depositi è minore rispetto ai salassi, ma sono una delle poche alternative utili in presenza di anemia (che rappresenta un evidente controindicazione alla flebotomia).
Per quanto riguarda l’alimentazione, in presenza di emocromatosi si consiglia una riduzione degli alimenti ricchi in ferro (carni rosse, frattaglie, crostacei) e l’astensione dall’alcol (divieto importante per prevenire o rallentare l’evoluzione del danno epatico); contemporaneamente si favorirà l’assunzione di alimenti integrali e verdure, che grazie all’elevato contenuto in fibra, fitati, ossalati riducono l’assorbimento del ferro a livello intestinale.
Vanno aboliti il vino rosso, la birra, gli alimenti grassi e i fritti e va evitato l’utilizzo di succo di limone, aceto e tutti gli alimenti aciduli (o addizionati di vitamina C), quando si consumano legumi, carni o pesce (perché la vitamina C facilita l’assorbimento intestinale del ferro).
È consigliato l’utilizzo di tè nero e verde, che contengono tannini, principali responsabili dell’inibizione dell’assorbimento del ferro, soprattutto di quello proveniente da fonti vegetali (verdure a foglia verde, legumi, ecc.).
Infine, come per molte altre patologie, molto importante è l’attività fisica regolare, perché determina cambiamenti fisici e psicologici essenziali. Rimandiamo all’articolo dedicato ai benefici dell’attività fisica.
Fonte
Haemochromatosis: a clinical update for the practising physician. Daniel E. Radford-Smith, Elizabeth E. Powell and Lawrie W. Powell.
Internal Medicine Journal 48 (2018) 509–516© 2018 Royal Australasian College of Physicians